Piccinini: “La mia vita per il volley”

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Compleanno in viaggio, compleanno in palestra. Per chi ha dedicato tutta se stessa allo sport fin da giovanissima, come è stato per Francesca Piccinini, spegnere le candeline lontano da casa non è una novità. Trentanove anni compiuti mercoledì 10 gennaio e tutti da festeggiare per la campionessa di Massa, che a soli 14 anni ha esordito nel massimo campionato italiano con la Carrarese.

Poi una carriera lunga venticinque anni e vissuta sempre al massimo livello, con la stagione al Paranà in Brasile (unica fuori dall’Italia) nel 1998-1999 a fare da spartiacque alla carriera. Al rientro in Italia l’approdo a Bergamo con cui ha vinto il suo primo trofeo europeo (era il 1999-2000 e la Champions League si chiamava ancora Coppa Campioni): saranno in tutto nove, con una Coppa Cev, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea e ben sei Champions League, l’ultima nel 2016 a Casalmaggiore.

“Ogni vittoria, ottenuta con il club o con la nazionale, ha avuto un sapore speciale ed è stata a suo modo unica – racconta la schiacciatrice toscana – e se il Mondiale vinto a Berlino nel 2002 è stato storico, lo stesso posso dire dello Scudetto vinto a Novara pochi mesi fa. La città lo aspettava da 15 anni e io ho scelto questo club proprio per centrare questo obiettivo. Sono orgogliosa ma nonostante l’età non voglio certo fermarmi: ci sono ancora palloni da mettere a terra e trofei da inseguire”.

In campo, da compagne o da avversarie, ormai capita spesso di incrociare atlete che quando ha iniziato a giocare non erano ancora nate: “Mi piace confrontarmi con loro, mi piace pensare di essere un punto di riferimento che le aiuti a crescere e migliorare, proprio come a suo tempo è capitato a me con le mie compagne più esperte. Di contro, credo anche che da questo confronto possa riuscire anche io stessa a migliorare e crescere”.

Che effetto fa, festeggiare il compleanno lontano da casa? “Ormai ci sono abituata, dopo tanti anni non è più strano. In un certo senso lo festeggio con quella che è la mia “famiglia” nel corso della stagione, della quotidianità, ovvero la mia squadra, la mia società. Essere un’atleta professionista vuol dire fare sacrifici, lo sapevo quando ho scelto questa vita e lo ricordo ogni giorno, quando scelgo di continuare. Il futuro è una famiglia, è la maternità. In attesa che arrivi il momento, però, continuo a scegliere la pallavolo. Mi diverto ancora come il primo giorno, questo è il mio unico segreto”.